martedì 2 gennaio 2018

[AA] La pelle come materiale e metafora.




Per le genti Native, la pelle abbraccia un intero universo di significati. Le funzioni della nostra pelle come una tela su cui possiamo scrivere un messaggio sulla nostra identità, o usarla come uno scudo per proteggerci e nascondere i nostri segreti. Come materiale, la pelle animale o il cuoio hanno avuto una lunga storia nella cultura Nativa. È il ricordo simbolico della storica falsa dichiarazione sullo sfruttamento e la politica razziale. 

Gli artisti selezionati per HIDE attingono da queste strade multi-sfaccettate usando sia i materiali e il concetto di pelle come metafora del problema diffuso che circonda l’identità, la perseveranza e il trauma personale, storico e ambientale. Nei loro lavori interrompono la nostra comprensione della razza, distorcono la nostra percezione di “pelle” e infrangono i paletti artificiali creati da questo potente tema. Piuttosto che nascondere le difficoltà, espongono cosa c’è dietro la superficie.


Sonya Kelliher-Combs, Nadia Myre e Michael Belmore presentano sculture e un insieme di lavori che esplorano la pelle come superficie – rivelatrice, coprente, definita. I lavori di questi artisti risvegliano i sensi, attirando il pubblico in un’esperienza tattile della materialità dei loro lavori così come fanno pensare alla complessa idea che emerge da quest’arte irresistibile. I fotografi invitano a partecipare all’esibizione – Arthus Renwick, KC Adams, Terrance Houle, Rosalie Favell e Sarah Sense – hanno creato una collezione di ritratti che giocano e cambiano le nostre nozioni.


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